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San Pellegrino eremita in Appennino



Al punto di ritrovo di San Pellegrino il sole è alto nel cielo, fa fresco e si sta benissimo. 

Cominciamo a camminare lungo la carrareccia che dal paese porta ai vecchi alpeggi e ai ricoveri di boscaioli e pastori. Le faggete che attraversiamo si alternano a spazi aperti dove le meravigliose fioriture di Giglio Martagone, Iperico e Ginestre si fanno notare nella distesa erbosa. 

Stiamo scendendo un po’ di quota rispetto al paese e meravigliosi panorami verso le Alpi Apuane cominciano ad aprirsi di fronte ai nostri occhi. 


Oggi seguiremo le tracce del “santo” che qui la tradizione narra abbia vissuto e sia morto, nel 643 dopo Cristo: San Pellegrino. 

Un santo che santo non è, almeno per la Chiesa, ma che le popolazioni di queste zone ancora oggi e, per secoli, hanno invece ritenuto tale, invocando la sua intercessione e la sua protezione. 


Saliamo di quota e pian piano, attraversando abetaie e fresche faggete arriviamo sul crinale di confine tra la Toscana e l’Emilia, da dove si aprono meravigliosi panorami montani che spaziano tra il versante emiliano e quello toscano. Il sole è ancora alto nel cielo e un bel vento fresco rende mite la temperatura percepita. In questo contesto, tra i più belli a mio parere dell’appennino settentrionale, ci fermiamo per una pausa ristoratrice. 


Dopo il relax e un buon caffè ci rimettiamo in cammino seguendo stavolta il sentiero di crinale che tra saliscendi ci porta primo sul monte Spicchio e poi sulla Cimetta. 


L’itinerario prosegue verso il “Giro del Diavolo” dove si racconta che qui un giorno San Pellegrino, che viveva da eremita mangiando radici e bevendo della rugiada che si posa sulle foglie, fu tentato dal Diavolo e che quest’ultimo arreso dalla rettitudine dell’eremita gli rifilò uno schiaffo da farlo girare su se stesso per ben tre volte, fino a farlo cadere a terra.


In questo luogo un esteso cumulo di pietre ricorda questa storia, perché da secoli  la tradizione vuole che per penitenza si debba portare una pietra in questo luogo, la grandezza della pietra deve corrispondere alla dimensione del proprio peccato da voler espiare e sempre per tre volte si debba compiere il giro del cumulo di pietre. 

Alcuni di noi, arrivati al giro del Diavolo, faranno i tre giri lasciando la pietra raccolta durante la giornata in cammino. Rievocando così un rituale dalla tradizione millenaria.


L’ultima cima che ci aspetta è l'Alpe di San Pellegrino che raggiungiamo poco dopo. Punto panoramico tra i più belli della zona. 

Riprendiamo a camminare e dopo aver attraversato una bella faggeta e torniamo a San Pellegrino in Alpe, raggiungendo prima il “molo”, dove una croce in legno di faggio ricorda il luogo dove, di racconta, sia morto l’eremita e successivamente sulla tomba del “santo” nella chiesa del Paese, dove le sue spoglie riposano, in una teca dorata del ‘400 sulla linea di confine tra Emilia e Toscana.



Ecco tutte le foto:



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